We Happy Few ci porta in un mondo distopico a Wellington Wells dove una droga: la Joy tiene in scacco le menti dei suoi abitanti. Tutto questo fino a quando non entriamo in scena noi...
Dopo un periodo abbastanza lungo in early access, We Happy Few si presenta nella sua versione definitiva al grande pubblico. Avevamo scritto una anteprima di We Happy Few non appena quest’ultimo era stato reso disponibile al download ed oggi ci troviamo qui a parlare della release completa e di cosa è cambiato nel titolo. Siete pronti a seguirci nel nella nostra recensione del titolo di Compulsion Games?
Non è la prima volta che affrontiamo un titolo con una trama ambientata in un mondo distopico, ci è capitato anche con Beholder ad esempio ma questa volta il mondo in cui ci addentriamo è molto più colorato (almeno in superficie) Nella nostra anteprima avevamo affrontato l’introduzione della storia e, in particolare, nei panni di Arthur Hastings, un addetto dell’ufficio censura. Il titolo di Compulsion Games ci permette di affrontare le insidie di Wellington Wells con tre personaggi i cui destini sono legati tra loro e alla stessa cittadina.
Ognuno dei tre protagonisti ha un background differente e caratteristiche diverse, queste ultime oltre che influire sul gameplay (e di questo ne parliamo nel paragrafo successivo) influiscono anche sulla storia raccontata. Il primo personaggio con cui entriamo in contatto è ancora Arthur Hastings, un addetto all’ufficio censura, ed è proprio nei suoi panni che iniziamo la nostra avventura. In un giorno come tanti altri il nostro protagonista si trova davanti un articolo che gli riporta alla mente un doloroso ricordo del fratello. Questo episodio instaura nella mente del protagonista una serie di pensieri che lo inducono a evitare di prendere la “Gioia” (Joy in inglese): una droga sintetica che rende il mondo intorno ai personaggi idilliaco e privo di problemi. Oltre alla linea narrativa che vede Arthur come protagonista We Happy Few ne sviluppa ancora due: una legata a Sally Boyle ed una a Ollie Starkey.
L’utilizzo su larga scala della droga sintetica è la soluzione che l’Inghilterra ha deciso (nella timeline distopica immaginata dagli sviluppatori) di utilizzare per tenere sotto controllo i pensieri critici della popolazione e soggiogarla al volere dei governi.
Nel mondo di We Happy Few la popolazione vive infatti in costante assuefazione dalla Gioia e, almeno nei centri abitati centrali, ogni cittadino ne fa largo uso. Il mondo costruito dagli sviluppatori di Compulsion Games è magnetico e molto sfaccettato, le chiavi di lettura di We Happy Few sono molteplici e spesso ci troveremo davanti a situazioni che richiameranno nella nostra mente classici della letteratura come 1984.
We Happy Few era stato presentato al mondo come un titolo stealth survival open word con ambienti generati proceduralmente, con le meccaniche di gioco che si basavano su una componente narrativa ben radicata all’interno della struttura di gioco. Solitamente, le parole “open world”, “generazione procedurale” e “narrativa” non vanno molto d’accordo, la creazione di un videogioco realmente story driven difficilmente si sposa bene con la generazione procedurale e gli ambienti open world per meri motivi di game design.
We Happy Few purtroppo non fa eccezione e, il lavoro di Compulsion Games presta il fianco a problemi di game design abbastanza evidenti. Seppure gli sviluppatori hanno applicato parecchie modifiche rispetto alle prime release, come ad esempio la riduzione della componente survival: nell’idea originale degli sviluppatori infatti la mancanza di un’adeguato approvvigionamento di cibo portava direttamente alla morte del giocatore, ora solamente ad un peggioramento delle performance in combattimento.
Il problema rimane però sul fronte del gameplay vero e proprio dove la narrazione è costretta a meccaniche open world che legano un po’ troppo l’avanzamento della trama. Fondamentalmente in We Happy Few viene chiesto al giocatore di scoprire i misteri che si celano dietro l’apparente felicità totale presente a Wellington Wells, per fare questo dobbiamo cercare un equilibrio tra l’assunzione controllata di Joy (per evitare di essere riconosciuto come “Musone” dai cittadini o dai poliziotti) e il restare “puliti” stato che ci consente di mantenere la lucidità e vedere il mondo per quello che è veramente.
Insieme alle meccaniche stealth e survival del titolo si innesca un componente di crafting che ha visto un notevole miglioramento rispetto alla release in Early Access: ora infatti è possibile, non solo creare pozioni di salute e armi di emergenza ma, ai livelli più alti, di potenziare notevolmente il nostro armamentario. Va aggiunto che il livello di difficoltà si alza con il proseguo dell’avventura e, sopratutto, con i cambi di protagonista, se infatti Arthur risulta abbastanza bilanciato e giocare nei suoi panni ci consente di approcciare le situazioni in svariati modi, quando siamo chiamati ad utilizzare Sally o Ollie le cose cambiano radicalmente.
Con Sally saremo molto avvantaggiati nelle fasi stealth mentre con Ollie possiamo contare su una forza bruta che ci consente di affrontare le situazioni di petto. Ovviamente entrambi soffrono di debolezze diametralmente opposte ai loro pregi, Ollie risulta molto svantaggiato nelle fasi stealth e Sally invece negli scontri contro i nemici. In aiuto, rispetto alla prima release in early access l’introduzione della lingua italiana che facilita notevolmente la comprensione delle quest e riesce a far vivere molto meglio il clima che si respira a Wellington Wells. In ultima analisi non siamo rimasti pienamente soddisfatti del combat system che, pur non essendo una componente centrale del gameplay, l’abbiamo trovata poco interessante e poco precisa.
Se c’è una componente in cui We Happy Few risulta magnetico e dannatamente ben riuscito è la direzione artistica. Il team di Compulsion Games ha svolto un lavoro davvero eccezionale nel tratteggiare un mondo distopico e dettagliato, il mondo intorno a noi sembra uscito davvero da un libro di fantascienza degli anni 50. Seppur carico di citazioni e, per certi versi quasi a voler porgere un vero e proprio omaggio alla serie Bioshock, We Happy Few ha dimostrato di sapersi far riconoscere nel mercato immondo marcato e indiscutibile.
Anche la dicotomia stessa che l’ambiente intorno a noi mostra lascia a bocca aperta, si passa da ambienti colorati e luminosi dove ogni problema sembra solo un lontano ricordo ad ambientazioni cupe, macabre e al limite dell’umano e questa differenza la si può notare con la semplice assunzione, o meno, della Joy.
Ottima anche la caratterizzazione dei personaggi e non stiamo parlando solo dei tre protagonisti del gioco ma anche dei comprimari, e delle persone normali che incorniamo durante il nostro peregrinare per Wellington Wells. Chiude una realizzazione artistica impeccabile l’utilizzo di una colonna sonora dalle sonorità che aiutano il giocatore a calarsi negli anni 50. Tecnicamente parlando la nostra prova su XBOX One non ha sollevato problemi di sorta, il titolo è risultato sempre molto fluido e, a parte il caricamento in ritardo di alcune texture e i tempi di caricamento davvero lunghissimi non abbiamo rilevato altri problemi.
Forse il team di sviluppo poteva spingere un po’ di più sull’ottimizzazione generale del titolo e sulla mole poligonale utilizzata per la creazione degli ambienti di gioco ma è davvero poca cosa rispetto alla meraviglia artistica di cui We Happy Few fa grande sfoggio.
We Happy Few è un titolo magnetico che non riesce ad arrivare ad un voto più alto a causa delle proprie ambizioni. L’idea di unire così tanti generi in un solo titolo ha minato la struttura ludica dello stesso: questo non vuol dire che We Happy Few non sia divertente, tutt’altro, ma si sente chiaramente la mancanza di una decisione chiara (almeno per la parte di gameplay) in fase di design del titolo. Consigliato a tutti gli amanti dei titoli a sfondo dispotico e a tutti gli appassionati di storie ambientati in futuri alternativi.
Trama 8.00
Gameplay 7.50
Arte e tecnica 8.00
grande carisma
ottima ambientazione
gameplay non completamente a fuoco
E' online la nostra recensione di We Happy Few, l'ultimo titolo concepito dalla mente dei brillanti ragazzi di Compulsion Games