The Mooseman racconta la storia di un viaggio tra miti e misteri di una popolazione sconosciuta ai piu'. Una sorta di percorso tra il mondo materiale e quello spiriturale
Abbiamo affrontato spesso titoli dove l’oscurità avvolge ogni elemento di gioco, saltano subito alla mente i titoli Playdead, oppure il più recente Dream Alone che abbiamo recensito pochi giorni fa; oggi parliamo di un gioco che segue fedelmente questa strada: The Mooseman pubblicato da Sometimes You. Se volete intraprendere questo viaggio tra mito e mistero seguiteci nella recensione di The Mooseman.
The Mooseman può vantare una caratteristica che lo differenzia dal 99% delle produzioni video ludiche attuali: la sua ambientazione. Il titolo di Sometimes You è infatti ambientato in una terra e racconta di tradizioni che il mondo videoludico non so se hai mai trattato: i miti e la storia del popolo Komi, una popolazione stanziata sugli Urali.
Fatta la dovuta premessa, che già può dare un’indicazione riguardo la particolarità che gli sviluppatori hanno messo in campo nella produzione del gioco, possiamo iniziare a raccontarvi le basi narrative su cui si poggia The Mooseman. The Mooseman non propone agli utenti un inizio col botto, non c’è il solito colpo di scena del cattivo di turno che rapisce la bella principessa, no The Mooseman inizia in silenzio, quasi a non voler disturbare nessuno.
Ci troviamo in un bosco tetro, il paesaggio intorno a noi disegna una foresta scura, così come le tinte che dipingono le persone radunate intorno al fuoco. All’improvviso una di queste persone si separa dal resto del gruppo, apparentemente senza motivo, e inizia il suo viaggio: siamo noi, il protagonista di questa avventura. Durante il nostro peregrinare The Mooseman si affiderà alle ambientazioni, ai silenzi e ai colori per raccontare la storia, per descrivere il viaggio e condurre il giocatore a destinazione. Solo avvicinandoci ai checkpoint potremo approfondire la narrazione non verbale, è li infatti che The Mooseman racconta la mitologia del popolo Ciudi, i progenitori dei Komi.
Spetta a noi decidere se fermarci, leggere attentamente i testi proposti e approfondire così le sfaccettature di una tradizione che rischia di perdersi, una tradizione ricca di divinità, di legami con la natura e di miti ed eroi. The Mooseman è questo: un viaggio, un percorso silenzioso che ci mette davanti ad una storia a noi sconosciuta, una cultura che non si è mai vista trasportata in campo videoludico (almeno da nostra memoria).
Come avrete ben capito dal paragrafo precedente The Mooseman è quasi un walking simulator, non ha la visuale in prima persona si presenta come un platform in due dimensioni, un’avventura a scorrimento orizzontale dove si svolge il nostro viaggio. Il nostro protagonista ha una caratteristica unica: la possibilità di passare dal mondo materiale a quello degli spiriti ed è proprio su questo concetto che tutto il gameplay di The Mooseman si sviluppa.
Se state cercando un titolo dove far fumare i pollici non siete nel posto giusto, ne se siete alla ricerca di un platform frenetico o di un’avventura psichedelica: The Mooseman è esattamente l’opposto, tranquillità, pace e silenzio. Il passaggio dalla dimensione umana a quella spirituale ci permette di scoprire elementi altrimenti invisibili all’occhio umano (e viceversa) e riuscire a risolvere situazioni altrimenti impossibili da affrontare. Gli enigmi proposti non vi faranno spremere le meningi oltre misura, sono per lo più pensati come una sorta di “trial & error” dove però la componente action è completamente ininfluente, non dovrete far conto sui vostri riflessi per aver la meglio dei puzzle proposti.
Il passaggio dalla dimensione umana a quella spirituale ci permette di scoprire elementi altrimenti invisibili all’occhio umano (e viceversa) e riuscire a risolvere situazioni altrimenti impossibili da affrontare.
La componente trial & error però non deve essere pensata come mortificante per il giocatore, i checkpoint sono infatti posizionati in punti abbastanza ravvicinati, questo per evitare di dover ripercorrere più volte posizioni importanti di livello. Infine non avrete nessun tipo di indicazione su come risolvere gli enigmi, provare e riprovare può essere la chiave della risoluzione oppure cercare di usare subito la testa e venire a capo della situazione.
The Mooseman non è localizzato in italiano, per chi vuole conoscere e approfondire la storia del popolo Komi questo potrebbe rappresentare un problema, ma per chi vuole semplicemente vivere il viaggio di The Mooseman e respirare le sue ambientazioni non sarà necessario conoscere l’inglese.
Come per la componente narrativa, anche per quella artistica The Mooseman rappresenta quasi un’eccezione, il piccolo studio indipendente che l’ha prodotto ha infatti pensato ad un approccio completamente votato all’emozione.
Se The Mooseman a prima vista può sembrare semplice, quasi disegnato da un bambino è andando a scavare nel profondo che ci si rende conto del lavoro svolto dagli sviluppatori per creare un mondo che potesse trasmettere emozioni e raccontare una storia. Le scelte cromatiche, il dosaggio delle luci, il cambio di dimensioni tra quella umana e quella spirituale, tutto serve ad arrivare allo scopo finale: far vivere un’esperienza al giocatore, farlo sentire parte di una storia millenaria.
Tecnicamente invece abbiamo riscontrato più di un problema, il titolo ha qualche problema con la gestione delle collisioni e ci è capitato di rimanere incastrati in pezzi dell’ambiente, in alcuni casi abbiamo risolto con un rapido cambio di dimensione e in altri casi caricando l’ultimo checkpoint ma niente che possa realmente causare danni al gameplay del titolo. Parlare del comparto sonoro non sarebbe molto sensato vista la quasi totale assenza di colonna sonora, ma è proprio questo “non esserci” che partecipa a rendere ancora più interessante l’ambientazione proposta. Infine i comandi sono un po’ legnosi ma anche in questo caso sono completamente giustificati dal tipo di gameplay.
The Mooseman è un titolo atipico, lo è per la sua componente stilistica ma, sopratutto, per la sua componente narrativa. I ragazzi di Sometimes You hanno scelto un tema praticamente mai trattato nel mondo videoludico e sono riusciti a trasmettere le emozioni di una storia antica attraverso un’avventura in cui il gameplay è ridotto all’osso.
Trama 8.50
Gameplay 8.00
Arte e tecnica 7.00
calmo e profondo
manca l’italiano
qualche problema tecnico