Arkane Studios ritorna e lo fa in grande stile
Fin dal suo primo annuncio, il nome di
Prey ha catalizzato l’attenzione di stampa e critica videoludica senza mezze misure, il nome del gioco era decisamente altisonante, il nome degli sviluppatori roba da far rizzare i peli sulla schiena e
Bethesda, il publisher, una garanzia di liquidità per creare un prodotto di primissimo piano.
Oggi, a distanza di pochi giorni dall’uscita possiamo finalmente dirlo:
Prey è un fottuto capolavoro, ma andiamo con ordine e scopriamo cosa rende il nuovo titolo di
Arkane Studios e
Bethesda un titolo che deve assolutamente entrare nella vostra collezione.
Una storia da vivere
Non parleremo della trama di
Prey, ne accenneremo solo un breve incipit (che potete provare voi stessi tramite la demo disponibile per
XBOX One e
Playstation 4) perché non vogliamo rovinarvi un singolo istante del gioco, non vogliamo assolutamente farvi “dar per scontato” quell’elemento o quell’altro colpo di scena, perché vogliamo che chiunque legga queste parole resti estasiato e a bocca aperta, esattamente come è successo a noi, di fronte a determinate scene.
Per chi avesse giocato ad
Half Life, i due
System Shock o ai più recenti
Bioshock proverà, fin dai primi minuti, uno strano senso di dejavu, qualcosa che ti formicola in testa e ti fa sentire in posti familiari, che ti fa rivivere sensazioni già vissute in precedenza ma in contesti differenti. L’arrivo agli uffici
TRANSTAR ad inizio gioco vi riporterà alla mente il tragitto di Gordon Freeman all’ingresso di
Black Mesa, con la stessa capacità di calamitare l’attenzione del giocatore all’ambiente circostante. L’entrata in
Talos I vi farà rivivere l’arrivo a
Rapture, riportando a galla le stesse emozioni claustrofobiche, la stessa sensazione di calma piatta ed abbandono anche se Talos I non è abbandonata in fondo al mare.
Corre l’anno 2032 e Talos I è il risultato di un avanzamento tecnologico impensabile ai giorni nostri, in un universo parallelo dove J.F. Kennedy non è stato assassinato e gli Stati Uniti non sono entrati in guerra con il Vietnam, Americani e Russi hanno cooperato per rendere il sogno di Talos I realizzabile, e così è stato. A bordo della base spaziale (orbitante intorno alla Luna) vengono svolti esperimenti delicatissimi in un contorno stilistico e ambientale unico con elementi altamente futuristici in completa contrapposizione con tecnologie “antiquate” come enormi mainframe con nastri magnetici e lampade in stile anni 30.
E’ la mattina del 15 marzo 2032, la sveglia suona e dobbiamo recarci sul nostro posto di lavoro, pronti per iniziare una giornata di test, una giornata come tante altre all’apparenza, la prima giornata della nostra storia…
Hey, guarda dietro di te, un FPS a tre teste!
Uno dei punti fondamentali prima di iniziare a parlare del gameplay di
Prey è riuscire a darne una definizione di “classe”, bene abbiamo appena iniziato e già dobbiamo fermarci a riflettere e a mettere i puntini sulle “i”. Se il
Prey originale di
3DRealms era un FPS a tutti gli effetti (con un sistema fighissimo basato sui portali e sul loro utilizzo), il nuovo
Prey di
Arkane Studios non può essere definito come un normale First Person Shooter.
Certo spariamo, certo siamo in prima persona, ma la miriade di sfaccettature che caratterizzano gameplay e fruizione del titolo ne proibiscono la classificazione rigida in genere “FPS”.
Prey presenta infatti un insieme articolato di modalità, fatto di sparatorie, crafting, crescita del personaggio ed esplorazione, è difficile riuscire a trovare una parte che sovrasti le altre, il titolo di
Arkane Studios è infatti un mix perfettamente riuscito di generi. Imparare a giocare a
Prey vuol dire capire come adottare il sistema migliore per risolvere le situazioni che ci vengono man mano presentate. Possiamo quindi decidere che genere di approccio utilizzare per proseguire nel gioco, vogliamo avanzare in modalità stealth per prendere di sorpresa gli avversari? Possiamo! Prediligiamo invece gli scontri diretti? Molto bene, il gioco non ce lo impedisce, un po’ come succedeva in
Dishonored e
Dishonored 2 (
qui la nostra recensione del secondo capitolo) il mondo di gioco si lascia affrontare in diversi modi, con una naturalezza che ha dell’incredibile. Non solo il combat system è toccato da questa malleabilità, ma anche la stessa esplorazione. Le varie ambientazioni si sviluppano infatti in location sempre molto complesse e articolate, ma non per questo arzigogolate o di difficile interpretazione.
Grazie al cannone
GLOO poi l’esplorazione e il gameplay in generale guadagnano una marcia in più. Tramite quest’arma (che è in grado di sparare della specie di schiuma solidificante) possiamo creare dei veri e propri percorsi alternativi per i livelli (oltre che riparare fughe di gas, immobilizzare i nemici, creare ripari o risolvere semplici enigmi), insomma il cannone GLOO è la “
Gravity Gun” di
Prey ed era da tanto tempo che un’arma non veniva utilizzata in modo così profondo e intimo nel gameplay di un gioco. Il GLOO cannon è stato inserito nel gioco per permettere al giocatore di sperimentare, di avere un asso nella manica, uno strumento in grado di cambiare radicalmente la fruizione di un livello e la sua esplorazione.
Tornando al discorso di approccio al titolo e modalità di gioco, è possibile far crescere
Morgan Yu utilizzando le
Neuromod una specie di corrispettivo dei plasmidi di
Bioshock in chiave decisamente sci-fi. Tramite le Neuromod il protagonista può apprendere abilità che gli consentono di affrontare il gioco nel modo a noi più congeniale. Questi upgrade si dividono in diversi rami di abilità, tecnologici ed alieni e ci consentono di apprendere le competenze di hacking o di sollevare pesi, di trasformarci in oggetti (utilizzando le stesse caratteristiche dei nostri avversari
Mimic) piuttosto che migliorare le nostre performance in combattimento ecc ecc.
20.000 leghe sopra i mari
Il lavoro svolto dai ragazzi di
Arkane Studios per quello che riguarda la direzione artistica ha dell’incredibile.
Prey riesce ad amalgamare alla perfezione ambientazioni della sci-fi più classica e a riproporle con uno stile unico e inconfondibile. Molti dei dettagli, degli oggetti e di tanti altri elementi sembrano usciti dai libri di fantascienza degli anni 70.
Talos I unisce uno stile fortemente retrò a tecnologie futuristiche e il tutto, incredibilmente, non stona affatto. A prima vista
Prey sembra un
Dishonored ambientato nello spazio, il design del protagonista, certi nomi che compaiono in libri e appunti e i personaggi con cui abbiamo a che fare ricordano molto la gente di Dunwall e Karnaca.
Anche se
Bethesda ha fatto un gran lavoro di comunicazione e marketing già molti mesi prima dell’uscita del titolo, preparando i giocatori con video di gameplay e filmati dedicati alle armi o alle modalità di gioco, con notizie a cadenza quanto meno settimanale e articoli di vario genere, vedere finalmente il tutto girare davanti ai nostri occhi ha del fantastico.
Tecnicamente parlando
Prey si difende molto bene, il gioco gira fluido e non abbiamo riscontrato grossi problemi di rallentamento o altro (la nostra prova è stata effettuata su
XBOX One).
Il problema più grosso che abbiamo trovato è relativo ai tempi di caricamento, magagna che sembra affliggere diversi giochi negli ultimi tempi. Se all’inizio della partita non ci farete molto caso, progredendo nel gioco la cosa si fa più fastidiosa perché vi capiterà più spesso di dover cambiare livello per portare a termine una side quest o per hackerare una particolare cassaforte che non eravate in grado di aprire prima.
Prey utilizza il
CryEngine, usato recentemente anche da
Sniper: Ghost Warrior 3 (di cui potete leggere
qui la nostra recensione) e anche in questo caso il motore di Crytech fa il suo sporco lavoro alla grande.
Come dal punto di vista artistico e grafico, anche dal comparto audio non si può che tessere le lodi del lavoro svolto. Una colonna sonora degna di una produzione tripla A . Gli effetti sonori perfettamente adatti all’ambiente e aiutano il giocatore a “sentire” l’ambiente circostante. Anche il silenzio in
Prey gioca un ruolo fondamentale, e anzi molto spesso è proprio il totale silenzio a rendere e creare la tensione, l’attesa di pericolo. Una nota a parte va fatta al doppiaggio, in un momento storico dove in alcuni casi i titoli non vengono nemmeno sottotitolati in italiano (chi ha detto
Torment: Tides of Numenera?)
Prey propone un doppiaggio in italiano eccezionale, di altissimo livello, e quando questo succede va detto e sottolineato.