Distopia portami via
Oggi parliamo di
KARMA: The Dark World, un thriller che si distingue per la sua ambientazione cupa e la narrazione profonda, un gioco in grado di richiamare alla mente opere come
Observer e
SOMA, che hanno saputo intrecciare magistralmente elementi di fantascienza e horror psicologico. Ma cosa rende davvero speciale questo titolo sviluppato da
Pollard Studio? Grazie ad un codice ricevuto dal publisher abbiamo avuto modo di testare con mano il titlo e siamo qui per raccontarvi la nostra opinione. Siete curiosi? Volete saperne di più? Allora seguiteci nella nostra
recensione di KARMA: The Dark World per PC.
La trama di KARMA: The Dark World
KARMA: The Dark World ci porta in un
universo narrativo complesso e disturbante, dove la linea che separa realtà e finzione si dissolve in un lento e inesorabile viaggio nella mente umana. Il protagonista,
Daniel McGovern, è un agente dell’
Ufficio Pensieri, un’organizzazione che lavora per conto della Leviathan Corporation, onnipresente e opprimente regime totalitario che governa con pugno di ferro il mondo alternativo in cui si muove il nostro alter ego. Il contesto è fortemente ispirato alla Germania dell’Est degli anni ’80, ma caricato di elementi distopici e paranoici che rimandano tanto a
Orwell quanto a
Lynch. Non siamo chiamati semplicemente a vivere la sua storia, ma a smontarla, ricomporla e interpretarla, in un continuo scivolare tra lucido delirio e inquietante quotidianità.
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Durante la nostra missione, veniamo catapultati all’interno della psiche di alcuni sospettati: la mente diventa il campo di battaglia e lo scenario investigativo al tempo stesso. I ricordi si frammentano in ambientazioni oniriche, simboli criptici e scene a metà tra l’incubo e l’introspezione.
Ogni esperienza ci porta più a fondo in un abisso psicologico, tra traumi irrisolti, relazioni spezzate e memorie adulterate. L’ossessione per il controllo mentale e per l’annullamento dell’identità personale domina la narrazione, trasformando ogni evento in un’allegoria sociale e filosofica. La costruzione narrativa riesce a mantenere un equilibrio efficace tra l’astrazione simbolica e lo storytelling emozionale, e riesce spesso a sorprenderci per la profondità delle sue riflessioni.
Il risultato è una storia che non si limita a raccontare, ma che pretende una partecipazione attiva, quasi terapeutica, da parte del giocatore. La scelta di farci esplorare i ricordi in modo non lineare permette una libertà interpretativa che stimola la nostra immaginazione, ma può anche disorientare chi cerca una trama più convenzionale. Molti aspetti vengono lasciati volutamente ambigui, rinforzando quella sensazione di instabilità che accompagna tutta l’esperienza. L’ambientazione e la narrazione sono rese ancora più coinvolgenti grazie alla
localizzazione in italiano, che permette di cogliere ogni sfumatura del racconto senza dover ricorrere a traduzioni personali (
un dettaglio per nulla scontato quando si ha a che fare con testi ricchi di metafore e introspezione ndr.).
Il gameplay di KARMA: The Dark World
Il
gameplay di KARMA: The Dark World si fonda su meccaniche investigative e di esplorazione in prima persona, ma lo fa in una maniera del tutto particolare. Non ci troviamo di fronte al classico walking simulator, bensì a un’esperienza dove osservazione e interpretazione sono le chiavi di volta per proseguire. La maggior parte delle sessioni di gioco si svolgono all’interno dei ricordi dei sospettati, che vengono presentati come mondi semi-onirici da esplorare e comprendere. In questi ambienti surreali, l’obiettivo è raccogliere indizi, interpretare simboli, interagire con oggetti chiave e risolvere enigmi ambientali che
sbloccano ulteriori sezioni della narrazione.
KARMA: The Dark World è un titolo che trascina il giocatore in un universo cupo e distopico, un viaggio nella mente ma non solo
KARMA: The Dark World non propone combattimenti o sequenze d’azione, focalizzandosi invece su un ritmo lento, quasi meditativo, dove ogni passo è una riflessione e ogni dettaglio ambientale può contenere un indizio importante. Il sistema di interazione è piuttosto semplice, e punta tutto sull’atmosfera e sull’intuizione. Questo approccio favorisce l’immersione, ma può non essere adatto a chi cerca sfide meccaniche più complesse o una componente ludica più marcata. Il livello di difficoltà degli enigmi è altalenante: alcuni risultano ben costruiti e stimolanti, mentre altri si appoggiano troppo sul trial and error o risultano poco chiari nel contesto.
Ciò che ci ha colpito è come il gioco riesca a farci sentire spaesati senza mai essere frustranti (
o almeno non per più di qualche minuto ndr.). La
gestione del ritmo è deliberatamente lenta, e questo può diventare un’arma a doppio taglio: se da un lato amplifica la tensione psicologica e la curiosità, dall’altro può trasformarsi in noia per chi non entra completamente nell’atmosfera proposta. Alcune sezioni si dilungano più del necessario e avremmo gradito una maggiore varietà nelle meccaniche investigative. La sensazione è che il gioco voglia raccontare più che farci giocare, e questo, in un certo senso, rappresenta sia il suo punto di forza che il suo limite.
L'arte e la tecnica di KARMA: The Dark World
La
direzione artistica di KARMA: The Dark World è probabilmente l’elemento più potente dell’intera produzione. L’uso dell’Unreal Engine 5 si fa sentire in ogni angolo, dalla densità dei dettagli ambientali fino alla gestione delle luci e delle ombre, che giocano un ruolo cruciale nel creare un senso costante di inquietudine e tensione. Ogni scenario ha un’identità visiva marcata: i corridoi spogli degli uffici governativi contrastano con i paesaggi mentali disturbati e surreali dei ricordi, che sembrano usciti da un dipinto di Dalí o da una pellicola di Lynch. L’effetto è una continua destabilizzazione percettiva che rende ogni nuova area esplorata un’esperienza inedita.
Sul
versante tecnico, il titolo presenta una buona ottimizzazione generale, almeno nella
nostra prova su PC. Le performance si sono mantenute stabili, anche nelle sequenze più complesse graficamente, e il gioco è risultato fluido e privo di bug evidenti. Abbiamo notato però alcune imperfezioni nelle animazioni facciali e nei movimenti dei personaggi secondari, che tendono a risultare un po’ legnosi e scollegati dal contesto visivo generale. Piccoli inciampi che, per fortuna, non rovinano l’atmosfera costruita con tanta cura, ma che emergono proprio per il livello elevato del resto del comparto estetico.
La gestione della fisica ambientale, invece, è piuttosto basilare e non aggiunge spessore al gameplay.
Il comparto audio, infine, merita un plauso a parte. La colonna sonora riesce a enfatizzare ogni momento saliente con melodie minimali ma d’impatto, spesso elettroniche e dissonanti, che accompagnano perfettamente le atmosfere psicologiche e disturbanti dell’avventura. Il sound design ambientale è efficace, con suoni metallici, echi lontani e rumori ambientali che costruiscono un costante senso di paranoia. Il doppiaggio in inglese è di buon livello, e la
localizzazione italiana dei testi aiuta moltissimo a cogliere le sfumature narrative. Sarebbe stato bello avere un doppiaggio anche nella nostra lingua, ma capiamo le scelte produttive di un team indie con risorse limitate (
però oh, la speranza è l’ultima a morire ndr.).